Un’importante operazione contro il caporalato è stata portata a termine dai Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Messina, supportati dalla Compagnia di Milazzo. Il 12 dicembre, i militari hanno eseguito un’ordinanza del GIP del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, su richiesta della Procura, che ha disposto il divieto di dimora per un imprenditore italiano attivo nel settore edile e il sequestro preventivo di beni legati all’attività. L’indagato è accusato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, reati comunemente noti come caporalato.
Indagini avviate dopo un grave infortunio
Le indagini sono iniziate nel dicembre 2023, in seguito a un grave incidente sul lavoro avvenuto il mese precedente. Un lavoratore marocchino irregolare, impiegato dall’imprenditore, era rimasto schiacciato dal ribaltamento di un muletto mentre si recava presso un deposito di materiali a Panarea, nel Comune di Lipari. L’uomo aveva riportato gravi lesioni, tra cui la frattura del perone e un danno al legamento del ginocchio.
Dopo l’incidente, il lavoratore era stato abbandonato lungo una strada dal datore di lavoro e soccorso solo grazie all’intervento di un passante, che lo aveva portato alla guardia medica locale. Vista la gravità delle condizioni, era stato trasferito prima all’ospedale di Milazzo e poi, tramite elisoccorso, al Cannizzaro di Catania, dove era stato ricoverato per diversi giorni.
Condizioni di sfruttamento e degrado
Le indagini condotte dai Carabinieri hanno rivelato un quadro di sfruttamento sistematico nei confronti di almeno sette lavoratori di nazionalità marocchina. L’imprenditore, approfittando dello stato di bisogno dei dipendenti, li avrebbe impiegati in condizioni lavorative e alloggiative degradanti.
I lavoratori erano costretti a:
- Vivere in container fatiscenti, situati su una proprietà privata dell’imprenditore, dotati di spazi angusti, una cucina in pessime condizioni e un unico bagno condiviso.
- Percepire salari irrisori, tra i 5,70 e i 7 euro l’ora, per turni di lavoro di 12 ore al giorno, sette giorni su sette.
- Lavorare senza riposi, ferie o permessi, in violazione della normativa sul lavoro.
- Subire minacce, con il datore di lavoro che li obbligava a firmare dimissioni volontarie per ottenere la retribuzione spettante.
- Incenerire rifiuti lavorativi, in aperta violazione delle norme ambientali.
- Operare senza adeguate misure di sicurezza, in palese contrasto con la normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Provvedimenti e sequestro dei beni
Durante l’operazione, i militari hanno sequestrato i container in cui vivevano i lavoratori e due veicoli utilizzati per l’attività lavorativa.
Il sequestro preventivo è stato disposto per garantire che i beni non fossero ulteriormente utilizzati per perpetrare condizioni di sfruttamento.
Contrasto al caporalato: un’azione condivisa
L’operazione rientra in un più ampio piano di contrasto al caporalato coordinato dalla Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto, sotto la guida del Procuratore Capo Giuseppe Verzera. La sinergia tra le autorità giudiziarie e le forze dell’ordine mira a prevenire e reprimere queste gravi forme di sfruttamento lavorativo, che spesso colpiscono i più vulnerabili.
Il principio di presunzione di innocenza
Si ricorda che, come previsto dalla legge, l’indagato è presunto innocente fino a eventuale condanna definitiva. L’imprenditore avrà la possibilità di difendersi in ogni fase del procedimento e di dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati.
Un fenomeno ancora diffuso
Questo caso rappresenta un esempio emblematico di caporalato, una piaga ancora diffusa in alcuni settori lavorativi. Le autorità continuano a monitorare con attenzione queste situazioni per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori e delle normative vigenti, puntando a migliorare le condizioni di vita e lavoro per tutti.